giovedì, dicembre 28, 2006

BROLLI, la spugna.


di Andrea Baldazzi

Daniele Brolli una sera mi disse “devi decidere se metterti seriamente a fare fumetti oppure no”.
Gli avevo portato la seconda versione di un’illustrazione basata su un racconto di Tonino Guerra. La prima faceva veramente schifo, e me lo disse. Quella invece gli piaceva.
La frase di Daniele fu uno dei migliori apprezzamenti che abbia mai ricevuto.
Ci pensai, molto, e decisi di smettere.
Le motivazioni che ti “costringono” a fare fumetti devono essere molto forti, e devono fluire in un luogo dedicato. La location dove produci il tuo lavoro è molto importante, alcuni sostengono che deve essere anche comoda. La mia non lo era ma era il LUOGO. Ho cambiato casa e l’ho persa nel 1987. Fare fumetti è molto impegnativo, un lavoraccio.
Quello che Daniele mi ha trasmesso è il metodo di lavoro, ovvero lavorare con quello che abbiamo a disposizione. Sappiamo disegnare? Cosa sappiamo disegnare? Quello è il primo limite. Poi ci sono le problematiche narrative...
Mi è sempre piaciuta un’idea che attribuisco a lui. Disegno delle vignette che mi piacciono e DOPO cerco di collegarle creando un percorso narrativo che le colleghi. Naturalmente escono storie con molte didascalie e poca azione, definiamole... poetiche.
Se invece parto dal presupposto di non sapere disegnare, faccio lo sceneggiatore e lascio il problema ad altri (e divento anche molto esigente con loro).
Daniele assorbiva trame come una spugna, in treno dai vicini di scompartimento, in osteria, o al corso da NOI. Gli artisti sono così, non lo fanno apposta.
Recentemente ho letto “Destination: Morgue” di Ellroy. Si descrive una rimpatriata scolastica, Ellroy si ricorda dettagliatamente dei compagni (li aveva studiati attentamente) ma molti non riescono a ricordarsi di lui. Loro agivano, lui li studiava, TRAMAVA. Mi ha molto ricordato Brolli.
Brolli mi ha introdotto alla BOXE, in senso letterario. Un mondo pieno di trame sotterranee, sudore e polvere. Nello sport la boxe è come il jazz nella musica. Ho sei tavole incompiute (per me compiute), che esprimono al meglio il mio bianco e nero: la boxe non è a colori.
Brolli, ancora oggi, mi permette di costruire il mondo alternativo in cui mi muovo, applico le regole di sceneggiatura alla vita, osservo. Pago le conseguenze.
Fare un corso di fumetto è anche rassicurante, ti rendi conto di non essere pazzo. Esistono altri messi molto peggio di te (loro diventeranno famosi). Essere “normale” in effetti, è solo uno stereotipo. Sono quasi sicuro che normale equivale a inutile.
Grazie Daniele.
... e sereno 2007 a chi legge (questo e altro).

Daniele Brolli estate 1989